Nel forum sono stati già dibattuti casi simili.
Se l'impianto è tutto presente, io non inventerei nulla. Mi appello all'uso standard... e considero la caldaia funzionante. Perchè nell'uso standard la caldaia va manutenuta. Se si inizia (per alcuni versi anche giustamente) a considerare lo stato di usura della caldaia (ed usare ad es. i rendimenti trovati nei rapporti di controllo periodici) ci avviciniamo (troppo) ad una valutazione adattata all'utenza.
E allora perchè a seguire non si tiene in considerazione il reale tempo di accensione?
Per quanto riguarda la validità temporale anche lì ci sono aspetti poco chiari, già sollevati.
Io metto sempre 10 anni con un rimando alle note dove riporto (su indicazione della Regione Lazio) il seguente testo:
"La validità del certificato termina:
- al 31/12 dell'anno successivo alla mancata effettuazione dei controlli di legge sull'impianto termico (all’art. 6, c. 5 del D.lgs. n. 192/2005, all’art. 6, commi 1, 2 e 3 del D.M.S.E. 26/6/2009 e al DPR 74/2013)
- alla data di effettuazione di modifiche alla struttura edilizia (nei limiti di legge) o all'impianto termico
- il giorno 19/2/2025 (10 anni dall'emissione)"
Questo anche perchè da nessuna parte è sancita l'impossibilità di un controllo tardivo ("in sanatoria"!!!!): allora emetto un APE con scadenza di circa 2 anni.... e poi fra 15 gg fanno il controllo (tardivo, ok)... a quel punto perchè l'APE dovrebbe scadere? Cioè se tardo il controllo devo poi anche rifare l'APE? Lo spirito della legge non credo sia questo, ma quello di fornire un'indicazione sui consumi con il minor costo possibile per i proprietari... tanto che se hai un AQE devi usarlo, e far pagare di meno!
Per inciso il 31 dicembre dell'anno successivo è relativo a quello della mancata effettuazione del controllo, non della certificazione.